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Domenico34 - 1 Pierto 3:18-20 - Esegesi di 1 Pietro

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2010 04:07
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29/11/2010 13:12

L'ESEGESI DI 1 PIETRO 3:18-20




A questo punto crediamo che si debba esaminare il testo di 1 Pietro 3:18﷓20, anche se in questo testo si parla di Cristo e della sua predicazione, per vedere se la suddetta predicazione, ha una certa attinenza con quella di Noè, dato che dai tempi antichissimi fino a noi, non solo il testo in questione è stato oggetto di lunghe discussioni e di svariate interpretazioni, (un commentatore ha finanche scritto che il testo di Pietro è stato "torturato"), ma anche perché c'è una certa tendenza che vede una certa affinità tra l'una e l'altra predicazione. Il tutto ovviamente si è fatto e si fa, per cercare di capire e spiegare il testo, nel miglior modo possibile. Ecco cosa dice:

«perché anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati, il giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio. Fu messo a morte nella carne, ma vivificato dallo Spirito, nel quale egli andò anche a predicare agli spiriti che erano in carcere, che un tempo furono ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava ai giorni di Noè mentre si fabbricava l'arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate attraverso l'acqua» (1 Pietro 3:18﷓20).

L'esegesi di 1 Pietro 3:18﷓20, pone cinque quesiti, secondo G. Friedrich, che sarebbero:

1) Chi sono gli spiriti (gr. pneumata);
2) che cosa significa carcere (gr. fulaké);
3) Quando avvenne l'azione di andare (gr. poreutheis);
4) chi è il predicatore;
5) quale è il contenuto della predicazione.

Prima di addentrarci nell'esegesi così puntualizzata, si impone, a nostro avviso, mettere in evidenza il fatto della morte di Cristo. Pietro è molto specifico e preciso nello stesso tempo, quando afferma che Cristo «fu messo a morte nella carne», vale a dire, la parte del suo essere che subì la morte fu la carne, mentre del suo spirito, vien detto chiaramente: «Padre, nelle tue mani rimetto (o "consegno" (CEI) il mio spirito» (Luca 23:46), quindi, non fu soggetto alla morte. La frase: "vivificato dallo Spirito" (N. Diodati), o: "vivificato quanto allo spirito" (G. Luzzi, S. Garofalo), o: "reso vivo nello spirito" (CEI), o: "reso alla vita quanto allo spirito" (Paideia), o: "vivificato poi per lo Spirito" (A. Martini), o: "vivificato per lo Spirito" (G. Diodati, G. Ricciotti), bisogna vedere a che cosa si riferisca: se alla sua carne o al suo spirito.

Se è assodato che la morte colpì solamente la carne del Cristo, il suo corpo fisico, mentre il suo spirito, (da non confonderlo con lo Spirito di Dio), fu rimesso nelle mani del Padre, sorge spontanea formulare la seguente domanda: In quale stato lo spirito di Cristo fu consegnato nelle mani del Padre? Se si dovesse pensare ed ammettere che Cristo consegnò nelle mani del Padre il suo spirito in uno stato di morte, come essendo in uno stato di impotenza, non sapremmo spiegarci perché mai Cristo fece ciò, e come farla conciliare col testo lucano che afferma che, dopo di aver «detto questo, rese lo spirito», vale a dire morì. Mentre se si pensa e si crede, (come crediamo debba essere compreso e creduto il testo lucano), che lo spirito di Cristo era quella parte vivente del suo essere che si trovava in lui, e del quale non era possibile che gli uomini lo potessero mettere a morte, perché apparteneva appunto a un altro regno della vita, appare chiaro quindi, che non è possibile che, l'azione descritta dal termine greco zóopoiétheis, che significa:

1. Generare essere vivente
2. dare la vita, vivificare
3. conservare la vita
4. ricevere la vita, essere in vita, vivere,

Possa essere applicata al suo spirito; di conseguenza, non restando un'altra alternativa, necessariamente debba riferirsi alla carne, al corpo fisico di Cristo, e questo naturalmente equivale a mettere in risalto la verità della sua risurrezione. D'altra parte, la risurrezione di Cristo ha a che fare con il suo corpo e non col suo spirito; perché del suo corpo è detto chiaramente che morì, ma mai del suo spirito. In conseguenza di questa accertata verità biblica, è insostenibile pensare di rendere: "reso vivo nello spirito" o "reso alla vita quanto allo spirito", senza pensare alla vivificazione dello spirito di Cristo, cosa che non è detta in nessun punto della Scrittura e che gli stessi termini della risurrezione, non siano capovolti. Ma se si pensa, in armonia con l'insegnamento della Scrittura, che la risurrezione di Cristo non avvenne in virtù di una forza o prerogativa umana, ma per la virtù di Dio, va preferita la traduzione: "dallo Spirito" o "per lo Spirito". In tal caso, il concetto di "vivificare" o "rendere alla vita", espresso dal termine greco zóopoiétheis, resta vincolato alla sola carne, al solo corpo fisico di Cristo.

Si potrebbe chiedere: Qual'è l'importanza e il valore di questa puntualizzazione? Questa puntualizzazione l'abbiamo fatta, per far notare, che Cristo non andò a predicare agli «spiriti che erano in carcere», con la sua carne, ma nello stato di essere vivificato, vale a dire in qualità e con le caratteristiche di essere spirituale. Se poi si rispetta l'ordine in cui le tre parole greche, thanatótheis = morte; zóopoiétheis = vivificare e poreutheis = andare, sono state messe nel testo di 1 Pietro 3:18,19, la spiegazione che abbiamo dato appare molto più chiara e convincente nello stesso tempo.

Fatta questa precisazione, che vuole essere anche una valida introduzione per l'esegesi di 1 Pietro 3:18﷓20, si può benissimo affrontare l'esame del testo e prendere in esame le diverse interpretazioni che si sono fatte, dai tempi antichissimi fino all'esegesi moderna. Invece di seguire l'ordine proposto dall'esegesi di cui sopra, preferiamo cominciare dal punto tre.

1. QUANDO CRISTO ANDÒ A PREDICARE AGLI SPIRITI IN CARCERE

Prima di chiedere quando fu che Cristo andò a predicare agli «spiriti che erano in carcere», crediamo sia importante, ai fini di una giusta valutazione e di una equilibrata interpretazione, ricordare che Pietro, in questo passo che stiamo esaminando, e non in un'altro testo, parli chiaramente della morte e della risurrezione di Cristo. Se Cristo non andò con la sua carne, quindi prima della sua morte, ma vi andò in uno stato di essere "vivificato", è insostenibile quell'interpretazione che vorrebbe che «Cristo preesistente tenne, con intime esortazioni, ai contemporanei di Noè, racchiusi nell'ignoranza e nel peccato come in un carcere» (interpretazione sostenuta da Agostino e più tardi lo seguì Tommaso d'Aquino e, ultimamente Wohlenberg).

È anche insostenibile l'altra interpretazione secondo la quale nel tempo che va dalla morte alla risurrezione, Cristo, «col suo spirito», si recò dagli spiriti incarcerati. Pietro non dice che Cristo si recò col suo spirito a predicare agli spiriti incarcerati, e tanto meno che egli lasci presupporre una simile ipotesi. Se ciò fosse vero, nell'enunciato di 1 Pietro 3:19, si dovrebbe parlare che solo una parte di Cristo, cioè il suo spirito, «si separò», (come afferma David H. Wheaton nel suo commentario) e si recò nel carcere, dato che l'altra parte, la sua carne era nel sepolcro.

Mentre se invece, si tiene presente quello che effettivamente dice Pietro, cioè che Cristo, nella sua totalità del suo essere, vale a dire, nello stato di essere "vivificato", si recò agli spiriti in carcere, questo equivale a dire che ciò avvenne dopo la sua risurrezione, e non durante i tre giorni della sua morte, e tanto meno prima della sua incarnazione.

Si fa notare che la particella en hó, che alla lettera significa "mentre" e nella nostra versione viene resa: «nel quale», vale a dire nello stato di essere vivificato, «può essere riferito al pneumati immediatamente precedente, e allora vuol dire che con la parte pneumatica della sua persona, come essere spirituale e incorporeo, Gesù ﷓ dopo la sua morte ﷓ si recò dagli spiriti incarcerati. Ma en hó potrebbe anche significare «nel frattempo», cioè durante gli eventi che stanno tra thanatótheis e zóopoiétheis». (Questo è quello che dice K.H. Schelkle, nel suo commentario teologico al testo di 1 Pietro 3:19﷓20 [Cfr. K. H. Schelkle, Le lettere di Pietro La lettera di Giuda, per tutta l’esegesi di 1 Pietro 3:18-20, pagg. 177-186].

Continueremo il giorno successivo...
[Modificato da Domenico34 30/11/2010 13:45]
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