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Domenico34 – Il comportamento dell’uomo in conformità a quel che crede – Sommario, Presentazione, Introduzione. Capitoli 1-10

Ultimo Aggiornamento: 25/04/2012 00:54
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14/04/2012 00:10

Se egli avesse chiuso le finestre, avrebbe dato l’impressione di temere il decreto del re; ma tenendole aperte, dimostrò il suo coraggio e la ferma determinazione a continuare la sua vita ispirata a devozione con il suo Dio, come aveva fatto per tanti anni, senza farsi intimorire dai suoi avversari.

Quel suo atteggiamento fermo e deciso, non gli veniva certamente dalla carica che rivestiva e dai buoni rapporti che c’erano tra lui e il re, ma dalla fede nel suo Dio. Poiché egli credeva fermamente ai principi di fedeltà e di obbedienza alla legge del suo Signore, il suo comportamento e il suo agire era in coerenza con la sua fede.

Il termine dei 30 giorni che, quei due capi avevano fatto inserire nel decreto, era una forma per eludere il tranello che concepivano contro Daniele. Essi, infatti, sapevano che, non sarebbe occorso tutto quel tempo, per trovare Daniele impegnato nella sua attività giornaliera di pregare il suo Dio. Sarebbe bastato un solo giorno, per accusare Daniele davanti a Dario, come persona che non teneva conto dell’autorità del monarca. Ma se loro avessero concepito il divieto in quel modo, cioè con la scadenza di un solo giorno, facilmente la loro insincerità sarebbe venuta a galla, e il re, avrebbe chiesto spiegazioni e chiarimenti, prima di apporre la sua firma. Mentre con la durata di trenta giorni, la proposta nella sua forma, non appariva viziata, il piano rimaneva bene camuffato e il regnante non avrebbe avuto motivi di esitare a firmare il documento.

Tenuto conto che gli avversari di Daniele conoscevano bene la sua usanza di pregare tre volte al giorno il suo Dio, non hanno avuto bisogno di predisporre servizi informativi segreti, tendenti ad assicurarsi se Daniele era rimasto fermo nelle sue pratiche religiose. Avranno agito subito dopo che il decreto del re entrò in vigore, per mettere sotto accusa Daniele? Crediamo che avranno atteso alcuni giorni, prima di presentarsi davanti al re, per accusare Daniele d’infedeltà nei suoi confronti. Se gli avversari di Daniele avessero agito subito, avrebbero data la possibilità al monarca di sospettare un complotto nei confronti di Daniele. Mentre, tardando alcuni giorni, (sempre entro i limiti dei trenta giorni previsti dal decreto), tutto sarebbe apparso normale.

L’accusa non poteva essere presentata al regnante sulla base del “sentito dire”; ci doveva essere una prova diretta, cioè di prima mano. Ecco perché il testo precisa:

Allora quegli uomini accorsero in fretta e trovarono Daniele che pregava e invocava il suo Dio (v. 11).

Avuta la prova in mano, gli accusatori di Daniele, possono subito correre dal re, per annunciargli che Daniele si rendeva colpevole. Pur essendo quello lo scopo di correre in fretta dal monarca, non fecero subito il nome dall’accusato, ma vollero accertarsi, se il regnante teneva in mente il decreto del divieto che aveva firmato.

Poi si recarono dal re e gli ricordarono il divieto reale: «Non hai tu decretato che chiunque per un periodo di trenta giorni farà una richiesta a qualsiasi dio o uomo tranne che a te, o re, sia gettato nella fossa dei leoni?» Il re rispose e disse: «Così ho stabilito secondo la legge dei Medi e dei Persiani, che è irrevocabile» (v. 12).

Avuta la certezza che non è avvenuto alcun ripensamento da parte del re, circa il divieto, gli accusatori di Daniele, possono parlare liberamente e fare il nome del trasgressore. A sentire che Daniele aveva trasgredito il divieto, Dario che non aveva avuto il minimo sospetto che il decreto propostogli, mirava a colpire il suo stimato ed apprezzato funzionario, in un primo momento sì addolorò, e in secondo tempo si mise in animo di liberare Daniele e fino al tramonto del sole fece di tutto per salvarlo. Però, visto che il suo tentativo non andò in porto, per l’incalzare deciso e insistente degli accusatori, Dario, a malincuore, fu costretto ad ordinare che Daniele venisse gettato nella fossa dei leoni.

d) Daniele nella fossa dei leoni e la sua liberazione


Prima che Daniele venisse consegnato nelle mani di chi l’avrebbe gettato nella fossa dei leoni, il re parlò a Daniele e gli disse: «Il tuo Dio, che tu servi con perseveranza, sarà lui a liberarti».

La pietra che venne messa sull’apertura della fossa e il sigillo reale che venne apposto, erano la garanzia, che nulla fosse mutato riguardo a Daniele.
Poiché Dario era profondamente addolorato per la sorte che era toccata a Daniele, ritornando nel suo palazzo, digiunò tutta la nottata; non fece venire nessuna delle sue concubine e non riuscì a dormire.

La mattina quando si alzò, invece di pensare ad altre cose, corse alla fossa dei leoni, per vedere se l’Iddio di Daniele, l’aveva salvato dai leoni. Nonostante che la sera prima avesse detto a Daniele che il suo Dio avrebbe pensato a liberarlo, appena si trova nelle vicinanze della fossa, a gran voce chiamò Daniele, per sapere se veramente il suo Dio lo aveva liberato dai leoni. È importante mettere in risalto che, prima ancora che il re avesse detto altre parole, definì Daniele servo del Dio vivente!

Si continuerà il prossimo giorno…
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