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Domenico34 - La prima moltiplicazione dei pani – Sommario, Prefazione, Introduzione. Capitoli 1-4

Ultimo Aggiornamento: 26/03/2012 00:07
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08/03/2012 00:08

Il termine greco per descrivere il vedere di Pietro è theōrei, che significa: «Chi sta attento allo spettacolo; stare a guardare, andare a vedere qualcosa, guardare, contemplare, considerare, esaminare» (tutti in senso mentale).

3) Infine, dopo che Pietro fece la constatazione che il sudario non era assieme con i panni di lino, viene detto dell’altro discepolo:
Allora entrò anche l’altro discepolo che era giunto per primo al sepolcro, vide e credette (Giovanni 20:8).

La forma verbale usata in questo verso è eiden, che a differenza di Blepo e Theōreo, ha il significato di: «Riconoscere = vedere da lontano, discernere–scorgere = distinguere accettare per vero».

Il verbo usato per descrivere il vedere di Gesù, secondo Marco 6:34 è appunto eido. Il vedere di Gesù, quindi, non fu nel senso casuale del termine, e neanche sotto il profilo intellettuale di chi avrebbe guardato uno spettacolo, ma nel significato di riconoscere, di scorgere. Ovviamente, il vedere di Gesù, non mirava la parte fisica dell’uomo, bensì quell'intima, la spirituale. Fu in conseguenza di questo particolare vedere di Gesù, che quella gran folla venne vista come pecore senza pastore.

Gli uomini sanno vedere le cose, solamente dal punto di vista umano, vale a dire, vedono quelle essenze che si presentano in superficie; non possono vedere, con le loro facoltà, il bisogno di un cuore e lo stato d’animo di un peccatore. Solo Gesù sa e può vedere il lato interiore dell’essere umano, mettendone in luce le varie caratteristiche e nello stesso tempo provvederne il rimedio, per sanare un cuore ammalato e sollevare un’anima abbattuta ed affranta.

La frase: Pecore senza pastore, ci porta a considerare i seguenti punti:

Mancanza di guida


Quella grande folla davanti a Gesù, appariva come un gregge senza pastore. Il pastore è una guida per il grege, e quando questa viene a mancare, il bestiame può smarrirsi ed andare alla deriva. Questo pensiero viene maggiormente lumeggiato, quando pensiamo al Salmo 23. In questo Salmo troviamo la seguente espressione:

Egli mi fa giacere in pascoli di tenera erba, mi guida lungo acque riposanti. Egli mi ristora l’anima, mi conduce per sentieri di giustizia, per amore del suo nome (Salmo 23:2,3).

Per Davide, che era anche un pastore, era gioioso sapere che sopra di lui stesso, c’era uno che lo guidava alle acque riposanti. Non è solamente una pura e semplice composizione poetica, se in questo Salmo viene fatto riferimento all’acqua riposante. Questa frase, in termini espliciti, ci fa vedere il discernimento che ha il pastore. Il pastore non è solamente guida per il gregge, ma è anche chi sa interpretarne i vari bisogni. Il pastore conosce l’esistenza delle acque infette e torbide, e, non lascia alla mercé della pecora di dirigersi verso là.

Egli stesso sceglie l’acqua per dissetare il suo gregge. La pecora non ha il discernimento per conoscere l’acqua sana e pulita e lasciare quella torbida e avvelenata. Oh! Quante persone, ai nostri giorni, si dissetano alle acque avvelenate di questo mondo, senza badare alle future conseguenze! In verità però, la persona che beve alle acque avvelenate della pornografia, non appaga la sua sete, anche se da un punto di vista sessuale soddisfa la sua carne, ma rovina la vita per il tempo e per l’eternità.

È solo Gesù, il pastore divino che sa interpretare il reale bisogno di un’anima, perciò la guida verso le acque riposanti della Sua Parola e per i sentieri di giustizia. Il fatto che il Salmo 23 accenni anche ai sentieri di giustizia, ci permette ulteriormente di approfondire il senso della cura che ha il pastore verso la pecora. La pecora non solo manca di discernimento, difetta anche di orientamento. Se una pecora non fosse guidata e fosse lasciata sola in un deserto, sicuramente si perderebbe e non saprebbe indovinare il sentiero giusto per ritornare all’ovile. Ebbene, quella moltitudine, cui il testo evangelico faceva riferimento, fu vista da Gesù, come pecore senza pastore, per il fatto che non avevano una guida che le dirigesse nel sentiero del bene, della volontà di Dio.

L’uomo di questo mondo, che vive al di fuori della salvezza in Cristo, si può paragonare ad uno che viva in un deserto e che facilmente potrebbe smarrirsi nei sentieri tortuosi della vita.

Mancanza di difesa

Il pastore, non è solamente per un gregge la guida, è anche protezione e difesa. La pecora per se stessa, è un animale che non sa difendersi quando viene aggredita; cede facilmente e diventa preda dall’assalitore. È sempre il pastore che supplisce alla mancanza di autodifesa della pecora. È meraviglioso meditare le parole di Gesù, riportate da Giovanni:

Io sono il buon pastore; il buon mandriano depone la sua vita per le pecore (Giovanni 10:11).

Si continuerà il prossimo giorno...
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