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Domenico34 - La prima moltiplicazione dei pani – Sommario, Prefazione, Introduzione. Capitoli 1-4

Ultimo Aggiornamento: 26/03/2012 00:07
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23/03/2012 00:06

Senza che Filippo fece cenno di voler parlare, come hanno fatto gli altri discepoli, Gesù gli dice: Dove compreremo del pane perché costoro possano mangiare? Potrebbe sembrare strano (questo modo di agire) che Gesù rivolga a Filippo la sua parola, e non a Pietro, per esempio. Forse per Giovanni, che racconta la conversione di questo discepolo, senza che nessuno gli avesse parlato, ma direttamente ha seguito della parola che Gesù gli rivolse «seguimi», Filippo ha un particolare significato per lui, non tanto per la sua qualità di essere un buon parlatore, quanto per il fatto che, con parole semplici, chiare e ferme nello stesso tempo, disse a Natanaele:

Abbiamo trovato colui, del quale hanno scritto Mosè nella legge e i profeti: Gesù da Nazaret, il figlio di Giuseppe (Giovanni 1:45).

Da parte sua, questo dotto Israelita Natanaele, subito chiese: Può venire qualcosa di buono da Nazaret? Filippo gli rispose: Vieni e vedi (Giovanni 1:46).

Per qualcuno, la menzione di Filippo e di Andrea, «potrebbe essere il segno di uno sviluppo leggendario». Non c’è niente di leggendario, secondo noi, nel ricordo di questi due discepoli, se si tiene in debito conto la funzione e il ruolo che hanno in Giovanni, in considerazione soprattutto di quello che hanno svolto.

Giovanni precisa che, se Gesù fece quella domanda a Filippo, lo fece solamente per metterlo alla prova, perché egli sapeva quello che stava per fare.

Agostino, da parte sua, a questo punto, chiede:
«Perché lo metteva alla prova, se non per dimostrare l’ignoranza del discepolo? È chiaro quindi che lo interrogò, per metterne in luce la sua l’ignoranza » [Cfr. S. Agostino, Commento al Vangelo di S. Giovanni, pag. 374, Città Nuova 1967].

Filippo alla domanda di Gesù, poiché non sapeva quello che Egli avrebbe fatto, senza indugio obiettò:

Duecento denari di pane non basterebbero per loro, perché ognuno di loro possa avere un pezzetto.

Filippo, oltre a parlare di duecento denari, che ci ricorda da vicino Marco 6:37, prevede che con quella somma si sarebbe potuto comprare il pane per darne solamente un «pezzetto» ad ognuno, ma non per saziare quella folla. Considerando la risposta di Filippo, appare evidente la scarna prospettiva che fa questo discepolo. Da un punto di vista umano e secondo la logica del calcolo aritmetico, Filippo non esagerava; esponeva semplicemente il risultato dei suoi conteggi, così come lo vedeva.

Quando non interviene la fede, in virtù della quale le cose possono assumere un’altra dimensione, è difficile vedere l’«abbondanza»; si pensa e si ragiona piuttosto in termini umani, senza riuscire a vedere una diversa alternativa e si rimane di conseguenza sul terreno del «poco», fuori dell’abbondanza che si trova nel Signore, in virtù della fede in Lui.

Andrea, fratello di Simon Pietro, uno dei suoi discepoli, gli disse: v'è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due piccoli pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?

L’intervento di Andrea, anche se non fu chiamato in causa da Gesù, potrebbe sembrare come un’intrusione ingiustificata, almeno ha il merito di porre fine alla discussione tra Gesù e Filippo e la relativa spesa di duecento denari, e apre un’altra prospettiva, sebbene anch’essa scarni, dato che quei cinque pani e i due piccoli pesci, non possono bastare per tanta gente.

Agostino, particolarmente, cercò ai suoi giorni di dare un significato al ragazzo, alla natura del pane, ai cinque pani e ai due pesci, al numero cinquemila. Ecco la sua spiegazione:

«Per abbreviare la spiegazione, diremo subito che i cinque pani significano i cinque libri di Mosè: giustamente essi non sono di frumento ma d’orzo, poiché essi appartengono al Vecchio Testamento.
Voi sapete che l’orzo è, per sua natura, fatto in modo che è difficile arrivare sino al midollo, che è rivestito di un tegumento tenace e molto aderente, che solo a fatica si riesce a togliere.
Così è la parola del Vecchio Testamento, rivestita d'immagini e misteri terreni: ma se si riesce ad arrivare al midollo, ci si può nutrire e saziare.
Il ragazzo portava cinque pani e due pesci. Se indaghiamo sul significato del ragazzo, probabilmente troveremo che egli rappresenta il popolo d’Israele: egli portava i pani, senza pensare a mangiarli, a causa della sua infantile intelligenza. I pani che portava, finché restavano intatti, erano per lui solo un peso: per nutrirsene avrebbe dovuto spezzarli. Quanto ai due pesci, mi sembra che significhino quelle due auguste persone del Vecchio Testamento, che ricevevano l’unzione per santificare e per governare il popolo, cioè il sacerdote e il re. E colui di cui quei due personaggi erano a loro volta il simbolo, è venuto anch’egli nascosto nel mistero del midollo dell’orzo, per questo si manifestava, e del rivestimento dell’orzo, per questo stava nascosto. Egli stesso, cioè il Signore, venne portando in sé ambedue le persone, del sacerdote e del re: del religioso in quanto lui si offrì come vittima a Dio per salvare noi, del monarca in quanto da lui siamo governati, e ci vengono svelati i misteri che erano tenuti nascosti. Rendiamo a lui grazie: egli ha realizzato in se ciò che nel Vecchio Testamento ci aveva promesso.

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24/03/2012 00:17

Egli ordinò di spezzare i pani; e spezzandoli essi furono moltiplicati. Niente può esserci di più vero di questo. Quei cinque libri di Mosè, quanti libri produssero quando furono spiegati, cioè quando furono spezzati, vale a dire discussi ed esaminati? E poiché l’ignoranza del primo popolo era coperta come del tegumento di quell’orzo, di quel popolo è detto: «Quando leggono Mosè, un velo si pone sopra il loro cuore» (2 Cor. 3:15) (infatti il velo era stato ancora non tolto, perché ancora non era venuto Cristo, e il velo del tempio non s’era ancora spezzato dopo che Cristo pendette dalla croce), perché dunque il popolo sotto la legge era nell’ignoranza, il Signore volle mostrare l’ignoranza del suo discepolo, mettendolo alla prova.
Niente dunque manca, tutto insegna qualcosa: ma è necessario che l’intelletto sia capace di capire. Quel gran numero di persone che furono saziate, indicano il popolo posto sotto la legge. Erano cinquemila, proprio perché significavano chi stava sotto la legge, che appunto è contenuto nei cinque libri di Mosè» [Cfr. Commento al vangelo di S. Giovanni, pagg. 375,376].

Lasciando da parte il significato che si può dare, cerchiamo piuttosto di capire la particolare situazione, senza escludere l’intervento di Andrea. Che poi in questo tratto del racconto evangelico ci siano motivi teologici più profondi, risalendo dalla storia di Eliseo (2 Re 4:42–44) attraverso Elia per arrivare a Mosè e al sostentamento del popolo nel deserto, questo resta tutto da vedere, secondo R. Schnackenburg [Cfr. Il vangelo di Giovanni, II, pag. 36].

La cosa che maggiormente bisogna tener presente, stando al racconto di Giovanni è che né Filippo né Andrea, sanno vedere e comprendere la situazione di quel momento; non intuiscono una valida alternativa per appagare quel particolare bisogno. Quando l’uomo, con i suoi calcoli, manca il bersaglio, interviene Dio col suo potere divino e compie quel che nessun altro è capace di fare.

Come si è detto sopra, se Gesù chiese a Filippo dove avrebbero comprato il pane per dare da mangiare a quella folla, non fu certamente perché nella sua intenzione avesse voluto comprare il pane, in conseguenza chiedeva al suo discepolo che gli indicasse un posto dove compare il vitto, ma solamente per provarlo, in vista di quello che si preparava a compiere.

Ormai tutto è pronto perché Gesù compia il miracolo. Senza andare avanti nel ragionamento con Filippo ed Andrea, Gesù ordina: Fate sedere la gente! Ora, il lavoro dei discepoli, non solamente di Filippo e di Andrea, consiste nel fare accomodare la folla per terra. A differenza dei Sinottici che parlano di un «luogo deserto», Giovanni, la cui intenzione principale è quella di parlare del miracolo della moltiplicazione dei pani, facendo menzione che in quel posto c’era «erba assai», cerca di condurre il lettore a considerare quello che Gesù sta per compiere. Dopo, e non prima, che la folla si accomodò sull’erba,

Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì ai discepoli, e i discepoli alla gente seduta; lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero.

È chiaro che in questo lavoro affidato ai discepoli, Gesù, non solamente allora, ma anche oggi, voglia insegnarci ad essere suoi collaboratori. Chi risolve i vari problemi e compie i miracoli, è, e rimarrà sempre il Signore; noi suoi discepoli, dobbiamo comprendere a quale responsabilità ci chiama.

Non è un grande e difficile lavoro quello al quale sono stati chiamati i discepoli; è un umile servizio, che pensando alle grandi responsabilità che alcuni hanno, ciò potrebbe portarci a disprezzarlo e a sottovalutarlo. Ricordiamoci però che il lavoro di servire, in quel tempo fu cibo materiale per il corpo, ha sempre un’importanza davanti a chi ci ha chiamato a servirlo. Senza sottovalutare la parte dell’applicazione spirituale che il racconto della prima moltiplicazione dei pani ci presenta, non possiamo ignorare la lezione pratica che quest'episodio evangelico ci fornisce, per ciò che riguarda la vita umana, con i suoi bisogni materiali.

È vero che Gesù affermò che “l’uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio” (Matteo 4:4); questo però non vuol dire che egli volesse insegnare a ignorare e negare il bisogno del pane, quale nutrimento per il nostro corpo.

Nel contesto del servizio, come opera voluta dal Signore, si possono benissimo adattare le parole:

Ebbi fame e mi deste da mangiare...Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? In verità vi dico: tutte le volte che l’avete fatto ad uno di questi minimi fratelli, l’avete fatto a me (Matteo 25:35,37,40).

6. LA PARTE CONCLUSIVA DELLA MOLTIPLICAZIONE DEI PANI


Gesù ha moltiplicato i pani, la gran folla è stata saziata, ora può dire: Raccogliete i pezzi avanzati perché niente si perda. Queste parole, se vengono giustamente interpretate, c'insegnano una verità pratica. A parte che è solo Giovanni che fornisce questo particolare, mentre i Sinottici ignorano completamente quest’ordine, c’è qui da pensare, non solo alla raccolta degli avanzi come dimostrazione del miracolo avvenuto, ma anche al fatto che se quei cinque pani si erano moltiplicati, fu perché Gesù intervenne con la sua potenza divina e li benedisse.

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25/03/2012 00:06

La benedizione divina, a qualsiasi livello l’applichiamo, non deve essere mai considerata solamente per ciò che riguarda la vita dell’anima e dello spirito, ma anche per ciò che concerne il corpo, con i suoi bisogni materiali. Nell’abbondanza, specie in quegli ambienti dove non c’è il cosiddetto “razionamento”, per la scarsezza di viveri, si fa presto a gettare tutto, come se quei cibi fossero da paragonarli alla spazzatura della strada. Se le persone più agiate, con tanta abbondanza a loro disposizione, si ricordassero di quei molti che soffrano la fame per mancanza di cibo, si comporterebbero in maniera tale da aiutare coloro che si trovano nel bisogno.

Anche per questa raccolta degli avanzi, c’è da ammirare i discepoli che non fanno alcun'obiezione all’ordine del Maestro; ma con prontezza e completa sottomissione al suo volere, riempiono dodici ceste di tutti quei pezzi avanzati a chi aveva mangiato.

Allora la gente, avendo visto il segno che Gesù aveva fatto, disse: «Certamente costui è il profeta, che deve venire nel mondo.

Questo è il migliore commento che quella folla potè fare alla manifestazione miracolosa di Gesù, riconoscendolo, non come uno dei profeti, ma come “il profeta”, e senza dubbio si riferivano al profeta messianico, promesso secondo la parola di Mosè (cfr. Dueteronomio 18:15). Questo riconoscimento, davanti al segno, mette in evidenza che quella folla non rimase indifferente di fronte alla straordinaria manifestazione miracolosa, anzi, con parole chiare e ferme, proclamò la messianicità di Gesù, anche se non comprendeva tutto quello che Gesù diceva, nel suo insegnamento.

Il racconto si conclude nell'affermarci che davanti a quei “segni”, e dal fatto che Gesù viene riconosciuto apertamente come il “profeta che deve venire nel mondo”, c’è la chiara intenzione da parte di quel popolo di prendere Gesù per farlo re. Per impedire questo (mentre per gli altri sarebbe stato una bell'occasione per andare al potere), Gesù, si ritirò di nuovo sul monte, tutto solo.

7. RIEPILOGO GENERALE


Dopo esserci soffermati a considerare separatamente I racconti dei Sinottici e quello di Giovanni, relativi alla prima moltiplicazione dei pani, questa ci appare nella sua maestosità, come manifestazione del potere divino, e non come una leggenda orientale, priva di senso storico. Coloro che non sono disposti ad accettare l’elemento miracoloso, in questo racconto evangelico, potranno parlare di diverse difficoltà sul piano narrativo, gettando così ombra di credibilità; ma chi tiene conto, soprattutto dello scopo per questo ogni evangelista ha raccontato la moltiplicazione dei pani, fa tesoro di tutto quello che Gesù fece in quel giorno, dalla sua condiscendenza la sua compassione, il suo insegnamento e il miracolo che compì, nel dare cibo a sazietà a quella folla.

Gli ostacoli e gli impedimenti non mancarono: i discepoli avrebbero voluto che Gesù mandasse via la folla a casa; la seria preoccupazione che c’era nella mente degli apostoli, per il fatto che si trovavano in un luogo deserto; la mancanza di cibo (e forse anche di denaro?); l’incomprensione dei discepoli a dare da mangiare a quella folla. Tutto era negativo intorno a loro, e non riuscivano a vedere uno sbocco a quella difficile situazione.

Ma quando l’uomo viene meno, perché non comprende la parola di Gesù o perché non riesce a vedere e a prevedere l’intervento di Dio, allora lo stesso Dio si fa avanti, con la Sua autorità e con la Sua prontezza, e tutto viene risolto secondo quello che Egli può fare.

Per quanto riguarda l’interpretazione dell’eucaristia, anche se tra gli esegeti questa si va sempre più affermando, [cfr. R. Schnackenburg, Il vangelo di Giovanni, II, pagg. 38,39, specialmente nota 23] ci sono però coloro che non la condividono. A prescindere da quello che si vorrebbe far notare, per quanto riguarda lo “spezzare il pane” (1 Corinzi 10:16; Luca 24:35; Atti 2:42–46; 20:7,11), come un chiaro riferimento all’eucaristia, resta sempre da vedere, se nel racconto della moltiplicazione dei pani, si possa portare avanti questo discorso.

A parte il fatto che in quest'occasione ci sono i pesci, che sicuramente non favoriscono l’interpretazione eucaristica, si deve tener presente, che secondo la prassi della Chiesa del N.T. e del primo secolo, l’eucaristia o la Cena del Signore, non veniva mai celebrata assieme a quelli che non facevano parte dei discepoli di Gesù, ma sempre tra loro.

Una simile usanza trovava la sua legittima giustificazione nel fatto che, quando si “spezzava il pane”, si ricordava il corpo spezzato del Signore e contemporaneamente si annunziava il suo ritorno (1 Corinzi 11:24–26).

Cristo spezzò il pane davanti alla folla, anche se a distribuirlo sono stati gli apostoli, questo però non vuol affermare che quelle persone di quella moltitudine erano discepole di Gesù, nel senso che aveva accettato la sua dottrina e si erano convertite a Lui, anche se erano attratte dai segni che Egli faceva sugli infermi.

Facendo un’analisi obbiettiva: gli elementi che vennero adoperati, pani e pesci; l’ambiente nel quale venne spezzato il pane, considerando tutto questo, non è possibile sostenere l’interpretazione eucaristica. Se poi a questa considerazione si aggiunge la mancanza del vino, elemento indispensabile nella celebrazione della Cena del Signore, si ha maggiormente ragione di respingere l’interpretazione di cui sopra.

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26/03/2012 00:07

Mentre se si considera la moltiplicazione dei pani come un segno e una prova dell’azione miracolosa di Gesù, la logica stringente è quella di esaltare l’intervento del Cristo, come colui che viene incontro ad un bisogno materiale, per cui successivamente si proclamerà come: “Il pane della vita” (Giovanni 6:35).

Pertanto, non ci resta altro che di tenere il nostro sguardo su Chi tutto può; ubbidiamolo con sincera sottomissione in tutto quello che ha ordinato, ed Egli, con assoluta certezza, compirà l’opera sua, nella maniera come Lui solo sa operare. A Lui la gloria!

BIBLIOGRAFIA

Ambrogio, Commento al vangelo di S. Luca, I, Città Nuova, 1966, Roma
Agostino, commento al vangelo di S. Giovanni, I, II, Città Nuova, II Edizione 1967, Roma
G. Crisostomo, Commento al vangelo di S. Matteo, II, Città Nuova, II Edizione 1968, Roma
J. Gnilka, Il vangelo di Matteo, Paideia Brescia, 1980
R. Pache, Nuovo Dizionario Biblico, Centro Biblico, Napoli, 1987
R. Pesch, Il vangelo di Marco, Paideia Brescia, 1980
R. Schnackenburg, Il vangelo di Giovanni, II, Paideia Brescia, 1977
H. Schürmann, Il vangelo di Luca, I, Paideia Brescia, 1983.

PS: Se al termine del capitolo 4 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura. Inoltre, per quanti volessero avere la copia su carta stampata, rivolgersi all’Editrice Hilkia, presso la quale è disponibile il testo in questione, a un prezzo modico.
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